Nunzio apostolico in Ucraina: quella in Ucraina è una guerra che interpella l’umanità
28 febbraio 2025
Nel giorno del terzo anniversario dell’inizio della guerra nel Paese europeo, una riflessione del nunzio apostolico a Kyiv: è necessaria una mobilitazione collettiva delle coscienze per sradicare all’origine le cause di una guerra. Nonostante le sofferenze, siamo tutti vicini al Papa e preghiamo per la sua salute.
Siamo già al terzo anniversario della guerra su larga scala contro l’Ucraina. Qui vorrei sottolineare l’aspetto prioritario che parlando con gli ascoltatori e lettori dei media vaticani, per me è un modo di pregare, perché so che, soprattutto nell’Anno Giubilare, la preghiera della Chiesa è ancora più intensa. Quindi anche tutto ciò che condivido con voi dall’Ucraina lo affido alla vostra preghiera: questo è l’aspetto più caro e più prezioso. E quindi anche tutte le notizie o riflessioni le partecipo nello spirito di preghiera.
Un esempio da cui partirei per sottolineare ciò che è la guerra, è il racconto di una signora che è una civile, quindi non è in nessun modo connessa con le azioni militari. Questa signora sessantenne è stata in una prigione russa per quasi tre anni. Mi raccontava che nella prigionia c’è stato un periodo molto difficile in cui, per alcune settimane, è stata privata del sonno come mezzo di tortura. Lei dice che già solo questo aspetto — non avere la possibilità di dormire per 2 o 3 settimane — crea un enorme difficoltà perché, diceva, «non riuscivo più a capire cosa avessi fatto e cosa non avessi fatto, che cosa corrispondesse alla realtà, che cosa invece fosse fantasia o suggestione. Non ricordavo più che cosa avessi affermato, detto e firmato». Questo a condizione in cui si trovano alcune migliaia di persone e finora io personalmente non ho visto neanche un canale efficace che possa funzionare e affido di nuovo la situazione di migliaia e migliaia di prigionieri, che sono senza speranza, alla preghiera di tutti, perché proprio il Signore Dio Onnipotente può dare speranza contro ogni speranza, come anche il Santo Padre ha sottolineato nella bolla di indizione del Giubileo. Questo per sottolineare l’importanza della preghiera, perché ci sono veramente situazioni che sono senza uscita dal punto di vista umano.
Al termine di questo terzo anno di guerra su larga scala, se percorro l’ultimo anno potrei sottolineare quattro eventi principali. Uno è la liberazione dei due sacerdoti greco-cattolici, padre Ivan Levytskyi e Bohdan Heleta, avvenuta il 28 giugno dell’anno scorso. Sono due sacerdoti redentoristi, rimasti in prigione per oltre un anno e mezzo e che dunque hanno avuto anche loro un’esperienza difficile, per cui è stata una grande gioia poterli riabbracciare. E poi dà gioia vedere la loro fede grazie alla quale, nonostante le tante difficoltà che hanno patito nel tempo della prigionia, hanno continuato a offrire i propri sacrifici ai sacrifici di Gesù.
Un altro momento molto importante e anche gioioso è stata la visita del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin in Ucraina nel luglio scorso. È stata una visita segnata dalla preghiera, che è stata il fulcro di questa visita. Sono stati importanti anche gli incontri dell’inviato speciale del Santo Padre con le autorità. È stato un momento molto concreto di discussione, riflessione, contatti, dialogo. È stato importante sentire la presenza dei superiori, del segretario di Stato e del Santo Padre stesso attraverso il segretario di Stato, una presenza anche fisica qui in Ucraina.
Un altro momento molto importante, il più gioioso direi, è accaduto poche settimane fa, il primo febbraio, quando un gruppo di circa 200 giovani cattolici ucraini ha avuto un incontro online, tramite collegamento video, con il Santo Padre. Nell’Anno Giubilare dedicato alla speranza, anche per loro, per questi giovani, è stato un forte segno di speranza poter non soltanto sentire e leggere il Santo Padre, ma vederlo, perché la presenza attraverso il video praticamente ci ha aiutato a percepire il Santo Padre quasi fosse fisicamente a Kyiv. E in più anche sentirlo direttamente, non attraverso i giornali dove a volte si fanno interpretazioni oppure si decontestualizza qualcosa, ma sentire il suo cuore è stato veramente importante. Ho visto tanti pastori e giovani ringraziare il Santo Padre per questa iniziativa.
Qui vorrei aggiungere una cosa che riguarda questi giorni, in cui il Santo Padre ha delle difficoltà di salute: sembrerebbe che la guerra debba coprire tutto lo spazio informativo, invece tra le prime notizie anche in Ucraina c’è quella legata alla salute del Papa. Perciò in questi giorni ho ricevuto tanti messaggi di solidarietà non soltanto dai cattolici o dai vescovi, ma anche da responsabili di altre Chiese, dall’Ufficio del Presidente dell’Ucraina, con una sincera preoccupazione per la salute del Santo Padre. Questo è stato sorprendente anche per me, perché in realtà la guerra evidentemente occupa tutta la mente, tutto lo spazio. E invece è stato bello vedere come il pensiero della salute del Papa raggiunga i cuori dei funzionari statali e dei pastori di diverse confessioni.
Anche perché evidentemente lo spazio informativo è sempre molto diverso in Ucraina rispetto a quello di altri Paesi. Per esempio ricordo che alcune settimane fa, ho parlato con un religioso, il quale fino all’anno scorso ha svolto il suo ministero in Ucraina e adesso sta in Slovacchia. Mi diceva: «Appena ho attraversato la frontiera ucraina, dopo alcuni giorni non riuscivo più a percepire la situazione allo stesso modo. Il mio cuore sta con l’Ucraina, ma fisicamente mi trovo ad alcune centinaia di chilometri ed è più difficile». Questa è la grande difficoltà a volte anche per me, mentre parlo con interlocutori o amici che stanno in altri Paesi, di riuscire a capire con quali parole parlare, come esprimermi perché lo spazio mentale è molto diverso. Anche riguardo una semplice cosa: per molti mass media fuori dall’Ucraina, soprattutto i mass media laici, questa guerra è diventata, forse in parte, già una cosa abitudinaria. Invece quando si sta qui, si capisce che il numero dei morti non sta scendendo. I morti sul fronte stanno aumentando, nel 2023 sono stati di più rispetto al primo anno di guerra, l’anno scorso più del 2023. Anche il numero di morti civili — lo dicono anche i rapporti delle Nazioni Unite — è cresciuto e sta continuando a crescere. Anche qui a Kyiv, i mass media internazionali raccontano degli attacchi missilistici più imponenti, quelli che si verificano forse una volta al mese. Ma se uno mi chiedesse quando è stata l’ultima notte senza un attacco con i droni a Kyiv, non me la ricordo più. Se poi parliamo di Kharkiv o Kherson, lì arriva anche l’artiglieria quindi i bombardamenti sono molto più numerosi e molto più intensi rispetto a Kyiv.
Ritornando ai momenti salienti dell’anno scorso, vorrei sottolineare l’ultimo che ritengo molto rilevante: il movimento MEAN, nel mese di luglio (11–12 luglio) ha organizzato, come l’anno scorso, una manifestazione di pace in Ucraina, a Kyiv, con incontri di studio. Hanno intenzione di farlo anche quest’anno. Il titolo stesso del Movimento è «Movimento Europeo Azione Nonviolenta» e direi che questa è la parte più bella perché sono persone di varie organizzazioni cattoliche italiane e non, che insistono sul fatto che bisogna mobilitare le società prima che le guerre avvengano, perché quando la guerra è iniziata è ormai troppo tardi.
In questi giorni, quando ascoltiamo i politici, vediamo che questa non è più neanche la guerra contro l’Ucraina. Perché se prima qualcuno poteva pensare che tutto questo «riguarda soltanto l’Ucraina», che «è un Paese lontano», a poco a poco le conseguenze di una guerra del genere cominciano a interessare molti più Paesi. In realtà, una guerra del genere interpella tutta l’umanità, perché se qualcuno può pensare che «non è mia questa guerra», invece una guerra di aggressione di questo tipo contro l’Ucraina viola non soltanto le vite umane, non soltanto la pace in Ucraina, ma viola il diritto stesso, il diritto internazionale, il diritto umanitario internazionale. Questo significa che rompendo le regole della giustizia, non ci sono più punti di riferimento e quindi non si può pretendere che «va bene ci sarà una vittima e io sarò salvo». No, le aggressioni di questo genere prima o poi, uno dopo l’altro, mietono nuove vittime, sempre di più.
Quindi anche questo Movimento Europeo di Azione Nonviolenta si prefigge di rafforzare la mobilitazione delle società civili affinché la questione della guerra e della pace non sia lasciata soltanto ai politici, ma che interpelli tutti in modo serio su cosa ciascuno nel proprio ruolo possa fare. Perché veramente ci sono tanti versanti su cui intervenire, insistere presso i governi, presso le organizzazioni internazionali, perché la pace sia ristabilita. Questi quattro punti sono stati, secondo me, gli elementi salienti dal punto di vista cattolico in Ucraina nell’anno scorso, ma sottolineerei come un grande dono soprattutto quest’anno che è appena iniziato, come Anno di speranza.
Quando parlo con i cappellani militari, spesso mi dicono che i vari comandanti di brigate o di battaglioni all’inizio sono reticenti nel vedere il sacerdote venire a trovare i militari e a volte chiedono: «Ma voi a che cosa ci servite? Mica ci portate le armi?». Invece, dopo vedono che le confessioni, la preghiera, la testimonianza, porta ai militari soprattutto la speranza, non la speranza umana, ma la speranza divina, quella eterna, che è molto importante. E accade anche che i diversi comandanti, quelli che non credevano nell’utilità di questa missione spirituale dei sacerdoti, alla fine comincino a chiamarli e a chiedere quando tornano. Quindi, se la speranza divina è così importante lì, questo è il segno che è il dono più grande di cui abbiamo bisogno in Ucraina: abbiamo bisogno di percepire in modo forte questa speranza che non delude, questa speranza divina. Per cui tutti noi abbiamo bisogno di crescere spiritualmente, abbiamo bisogno di una testimonianza di speranza e di questo aiuto spirituale e psicologico e umano di tutta la Chiesa. E di questo ringrazio anche tutti gli ascoltatori e lettori dei media vaticani
+ Visvaldas Kulbokas,
Nunzio Apostolico in Ucraina
Fonte: Vatican News