Omelia del Vescovo Dionisio nel 70 ° anniversario della unione delle comunità femminili basiliane
2 giugno 2021
Oggi fa precisamente 70 anni quando la Congregazione per le Chiese Orientali, con decreto del 2 giugno 1951, riunì tutte le comunità femminili basiliane in un istituto di diritto pontificio.
Eminenza Reverendissima, cardinale Leonardo Sandri,
Eccellenza Reverendissima Giorgio Gallaro
Reverendissimo Padre Protoarchimandrita Genesio,
Reverendissimo Padre Marco, Rettore di questa basilica minore di Santa Sofia
Stimatissima Madre Marcela, Suore basiliane della Curia generalissima, tutte le consorelle che seguono questa celebrazione online;
Cari sacerdoti concelebranti, religiose di altre congregazioni, seminaristi, ospiti… Per questa Divina Liturgia, con la Madre Marcela abbiamo scelto i due testi che abbiamo ascoltato in questa Divina Liturgia commemorativa. Il testo di 4, 32–35 Atti degli Apostoli, che è citato 13 volte nelle Regole Diffuse e 8 volte nelle Regole Brevi di San Basilio, inquanto il testo del Vangelo di Giovanni viene citato 4 volte nelle Regole Diffuse e 5 volte nelle Regole Brevi.
La comunità primitiva della Chiesa di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia, una comunità che vive la risurrezione come esperienza di comunione. In questo testo non c’è la parola amore, ma la si sottintende, perché il vero amore è lo Spirito Santo che raduna la prima comunità dei cristiani.
Invece l’Evangelo di Giovanni parla direttamente dell’amore, in greco è agape, in latino — caritas; il verbo amare ricorre 37 volte nel Vangelo di Giovanni, il sostantivo amore — 7 volte.
L’amore agape è uno, è la sostanza di Dio, che unisce Padre al Figlio nello Spirito Santo e fa delle tre Persone divine un solo Dio, nel quale si attua un unico ed incessante atto di amore di dare e di ricevere. Allo stesso tempo questo amore è missionario, esce da sé stesso e va all’incontro dell’uomo: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gio 3,16). «Noi amiamo — afferma san Giovanni — perché Egli ci ha amati per primo» (1 Gv 4, 19). Lo stesso amore che unisce tre persone in uno solo Dio, è lo stesso che ci ama. L’amore che ci fa amare sé stessi, vuol dire innanzitutto accettarsi a sé stessi, come Dio ci ha amati. Amare sé stessi come Dio ci ha creato e amato non è facile; non è semplice accettare le nostre debolezze e limiti. Accettandosi profondamente, non saremmo schiavi di sé stessi, ma interamente liberi per amare il prossimo, liberi per amarsi a vicenda come fratelli, e amare Dio con lo stesso e unico amore. L’Amore, è un circolo che unisce le tre persone in unico Dio, un circolo che si apre per accogliere l’umanità, che fa circolare lo stesso amore fra gli uomini, formando la Chiesa una, santa, apostolica, cattolica e ortodossa allo stesso tempo, che culmina nel punto Omega, che è Dio: «Io sono l’Alfa e Omega», dice il Signore Dio» (Ap 1,8), nel libro di Apocalisse.
L’amore agape include la fedeltà, bontà, umanità, altruismo, fratellanza, generosità, compassione, misericordia, sacrificio di sé stessi. L’ amore agape è soprannaturale, è divino; è un dono, infuso in noi per lo Spirito Santo. L’amore è Dio stesso. Lo Spirito Santo è l’artefice della carità; riproduce in noi gli stessi sentimenti di Cristo per farci diventare «figli nel Figlio».
L’amore agape di un uomo e donna nel matrimonio cristiano è per sua essenza indissolubile, e per la stessa logica dell’amore i voti di castità, povertà e obbedienza di una persona consacrata va fino alla morte. Senza l’amore agape, non è possibile vivere un matrimonio cristiano, nemmeno una vita consacrata autentica.
Dio è Amore: nel suo amore ci ha scelti, ci ha fatti suoi, ci fa partecipi della sua opera di amore, della sua missione di salvezza. Questo lo sente e lo pensa ogni consacrato: Il Signore ha pensato a me, mi ha scelto, mi ha chiamato, mi ha dato questa vocazione, per vivere nello spirito basiliano sul modello della prima comunità dei cristiani, o sul modello della Santissima Trinità, come insiste il Concilio Vaticano II, e tutti documenti posteriori sulla vita consacrata.
Dio dona la sua grazia, ma bisogna accoglierla. In Gesù la natura umana è pienamente salvata, cioè perdonata, giustificata, santificata, divinizzata, resa pienamente «figlia» nella vita gloriosa dell’amore immortale. Ma dipende da ciascuno accogliere questo dono con una adesione personale e libera al mistero di Gesù, il Verbo fatto carne, morto e risuscitato: «Dio, che ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te», dice sant’Agostino.
Sappiamo bene che il cuore, simbolo dell’amore, ha due movimenti: la diastole e la sistole. La diastole si dà, quando gli atri e i ventricoli si allargano e si riempiono di sangue. La sistole, invece, le stesse cavità si contraggono e si svuotano di sangue inviandolo a tutto l’organismo. Per analogia, la diastole del cuore spirituale consiste in allargarsi per riempirsi dell’Amore divino: «Aprite anche voi il vostro cuore», invita i Corinzi San Paolo (2 Cor 6,13); Invece la sistole spirituale consiste nello svuotarlo, far questo amore uscire per amare il prossimo, essere misericordioso, donare la sua vita, uscire di sé stessi, essere missionari, la comunità religiosa e la propria Chiesa a essere in uscita, di porte aperte… seguendo il vocabolario di Papa Francesco. L’amore divino è missionario per sua essenza.
Carissime suore basiliane. Commemoriamo il 70 ° anniversario della unione di tutte le comunità femminili basiliane in un istituto di diritto pontificio.
Questo anniversario si svolge in un tempo di crisi di vita consacrata, specialmente di quella femminile. Tante sorelle anziane si vanno all’incontro del Signore, e non sono sostituite dalla giovane; più abbandoni di religiose che entrate nei Noviziati, si questi ancora esistono.
Questo anniversario si commemora in una altra crisi globale, la pandemia del coronavirus. Per paradosso questa crisi pandemica può trasfigurarsi in grazia, una ferita nella umanità trasformarsi in benedizione. Feci personalmente di questa malattia una grazia e benedizione, un momento di riflessione e di profonda unione con Cristo sofferente, quando già non esisteva altra scappatoia.
La pandemia ha provocato tante pubblicazioni di riflessioni sui giornali e riviste. Si da una parte ha provocato tanti disaggi nei giovani, dall’altra parte ha suscitato una ricerca del senso di vita, stimolato in tanti il volontariato. Tanti medici e personale sanitario si sono contagiati nell’accudire i malati. Un esempio di consacrazione della vita a favore del prossimo… Un momento da cogliere! Vale a pena sacrificarsi, perdere la sua vita per un valore superiore, come avevamo appena ascoltato nel Vangelo: «Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici» (Gio 15,13). Diceva una volta Papa Benedetto XVI: «Amore che non si risparmia, ed è disposto a dare tutto, anche la vita. Se non è fino in fondo, diventa pura retorica, buon proposito, teoria… e anche noi credenti rischiamo a volte di svuotare di senso la parola, se non le conferiamo quello usato da Gesù col dare la sua vita».
Pertanto, questo 70 ° anniversario dell’unione delle comunità femminili basiliane, nel periodo di una crisi di vita religiosa generale, e la crisi globale pandemica, può diventare un momento di grazia e di benedizione, un momento di speranza. Basta aprire i cuori per accogliere lo Spirito Santo, lo Spirito di Amore, e farlo uscire, a fare comunione dei doni, «cosicché nella vita comune è necessario che la forza dello Spirito Santo data all’uno venga trasmesso a tutti» (San Basilio RD 7,2).